Blog Vegetariano

mercoledì 10 agosto 2011

ANTIOSSIDANTI E POLIFENOLI

Sorpresa: la revisione degli studi ha provato che…

verdure e ortaggi antiossidanti E’ da anni che l’italiano Istituto per la ricerca sugli alimenti e la nutrizione (Inran) aveva dedicato un settore della propria struttura allo studio critico degli antiossidanti, sostanze che nell’organismo svolgono un’azione contraria ai radicali liberi capaci di provocare alla cellula stress ossidativo.
Ma nel corso degli anni molti luoghi comuni si erano stratificati sulla materia. Ormai di antiossidanti, e soprattutto di polifenoli (quasi sempre considerati sinonimi), si parlava anche a vanvera, in modo inesatto, generico o miracolistico.

Era urgente, perciò, una revisione totale di tutta la letteratura scientifica. Occorreva cioè selezionare e studiare ex novo, con criteri più severi, i più importanti studi effettuati sugli antiossidanti, sui polifenoli, e sugli alimenti che li contengono. L’Istituto ha così curato la prima review sistematica sulla capacità degli alimenti di origine vegetale e dei loro polifenoli, di modulare le difese antiossidanti dell’uomo. Un programma vasto e ambizioso.

In particolare lo studio, partendo dal grande interesse mostrato dalla ricerca verso le potenzialità antiossidanti dei polifenoli, si è proposto di verificarne, allo stato attuale delle conoscenze, la reale efficacia in vivo nell’uomo. Per far questo ha raccolto e analizzato la totalità delle “evidenze” scientifiche in materia, cioè gli studi davvero esaurienti e convincenti sul piano dimostrativo finora pubblicati. La grande review è ora apparsa sul numero appena uscito di Current Topics in Medicinal Chemistry.

In tutto sono stati presi in esame i 158 studi più seri e convincenti, per un totale di 227 interventi realizzati sull’uomo con diversi gruppi di alimenti: frutta e succhi di frutta, verdure, tè, vino, prodotti a base di cacao, soia e derivati ecc.

Ne è venuto fuori un quadro complesso, che per un aspetto conferma il ruolo biochimico degli antiossidanti, ma per un altro smentisce alcuni luoghi comuni banalmente omnipreventivi e terapeutici sui polifenoli contenuti negli alimenti vegetali.

«I risultati confermano – riporta un comunicato dell’Inran – che assumere questi alimenti può in effetti incidere positivamente sulla capacità dell’organismo di rispondere a stress di tipo ossidativo, ma, sulla base delle attuali conoscenze, non è ancora stato possibile identificare le molecole responsabili dell’effetto. In particolare, la scarsa biodisponibilità dei polifenoli, la presenza di molteplici metaboliti non identificati e la bassa concentrazione nei fluidi biologici, fanno sorgere molti dubbi su un loro ruolo antiossidante diretto, lasciando spazio ad ipotesi alternative che sono oggetto di studio».

Mai comunicato è stato insieme più sintetico, inquietante e dirompente, per tanti di noi ormai abituati ad identificare pigramente la vastissima categoria dei polifenoli (molte migliaia di molecole presenti in tutti gli alimenti vegetali) con gli antiossidanti tout court. Gli studiosi italiani hanno scoperto, in sostanza, ricontrollando meglio le ricerche pubblicate nel corso degli anni, che, sì, l’azione antiossidante degli alimenti è dimostrata, ma non è chiaro quali molecole in realtà siano responsabili dell’effetto antiossidante. E già questo è una bomba.

In particolare, la presunta azione antiossidante dei polifenoli (isolati) non è né chiara né dimostrata. Mentre è provata l’azione complessivamente antiossidante e protettiva degli alimenti che li contengono. Insomma, «gli alimenti funzionano, i singoli composti non si sa», ha sintetizzato, rispondendo ad una nostra esplicita domanda, Mauro Serafini, autore dello studio, ricercatore e responsabile del Laboratorio Antiossidanti dell’Inran.

«Un dato particolarmente interessante emerso da questa revisione – ha spiegato Serafini nel comunicato dell’Inran – è che l’azione degli alimenti di origine vegetale assunti con la dieta è risultata essere maggiormente efficace in soggetti affetti da patologie e/o caratterizzati da fattori di rischio cardiovascolare, come ipertensione, iper-trigliceridemia e fumo, piuttosto che in soggetti sani». Il che, ha poi interpretato per noi l’autore, «è un aspetto e importante e comprensibile sia dal punto di vista fisiologico che evoluzionistico».

Ebbene, «questa evidenza ci porta ad ipotizzare una maggiore necessità di antiossidanti nutrizionali da parte di quegli individui che si trovano a rischio “stress ossidativo” e che hanno bisogno di potenziare le difese antiossidanti endogene attraverso la dieta, in conseguenza di uno stile di vita non sano.

Questo concetto di “necessità antiossidante” potrebbe spiegare il fallimento di molti studi condotti su soggetti sani, dove, probabilmente, gli antiossidanti nutrizionali non esercitano in pieno la loro azione protettiva, dato che non esistono condizioni conclamate di stress».

Erano anni, del resto, che Serafini notava che i polifenoli sono assai poco bio-disponibili. In pratica si assorbono e quindi si utilizzano pochissimo. Se ne trovavano sempre pochi, troppo pochi nel sangue. Eppure i vegetali che li contengono, e in grande quantità, esplicano azione protettiva. Come spiegare il mistero, anzi la contraddizione? Ci ha risposto così: «Non è affatto chiaro che i polifenoli per poter funzionare come antiossidanti debbano essere… assorbiti, date le loro minime concentrazioni ematiche. Ma possono avere ruoli diversi come l’induzione di difese [immunitarie] , oppure un’azione a livello intestinale».

Queste le nuove scoperte, in un certo senso rivoluzionarie, e le conseguenti nuove supposizioni della scienza. Che, sia chiaro, non incidono minimamente sulla nostra dieta ideale, che dovrà come sempre essere ricca di alimenti antiossidanti, contenenti migliaia di polifenoli, grazie alle almeno 5-6 porzioni al giorno tra verdura (possibilmente verde scuro o molto colorata) e frutta, per esempio 3-4 porzioni di verdura e 2-3 di frutta al giorno.

Cambia tutto, invece, per chi ancora si illude di ricorrere ai polifenoli isolati – cioè agli integratori in flaconi o barattoli – in funzione antiossidante, come se fossero farmaci, in aggiunta o in alternativa all’alimentazione. Sono antocianosidi, flavonoidi e centinaia di altre molecole di cui sono pieni i negozi di erboristeria, le botteghe di alimentazione “naturale” (“naturale”? dov’è la naturalità in un estratto che isola un solo composto tra le migliaia di un frutto o un ortaggio?), le farmacie, gli studi dei medici e dei naturopati, i siti di internet di finta “alimentazione naturale”. Sempre col solito discorso da venditori porta a porta e persuasori occulti, che «oggigiorno, signora mia, il cibo non è più quello di prima: l’inquinamento, i pesticidi e la genetica gli hanno tolto tutto: non ha più le “vitalìe”, perciò bisogna ricorrere agli integratori “naturali”»

Naturali? Macché, semmai artificiali. Insomma, tutte balle commerciali e consumistiche. In realtà, sul loro uso e sulla loro efficacia antiossidante non c’è alcuna prova convincente. Come già era stato dimostrato per la stragrande maggioranza di vitamine, proteine, aminoacidi, sali minerali e acidi grassi, isolati ed etichettati abusivamente come integratori “alimentari”, mentre sono veri e propri farmaci, anzi alle volte peggiori, perché c’è l’aggravante che non sono stati neanche provati (e più d’uno è mutageno o cancerogeno, si pensi all’integratore beta-carotene). Ecco l’altra finzione, quella di spacciarli per integratori “alimentari”, allo scopo di aggirare la legge sui farmaci che impone prove lunghe e costose per dimostrarne efficacia e non tossicità, a tutela del consumatore.

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