Blog Vegetariano

sabato 30 aprile 2011

Latte, yogurt e latticini: potenti anti-diabete e anti-colesterolo


yogurt e frutta di bosco Un supplemento alla normale dieta quotidiana di 3 tazze da 240 ml di latte o yogurt, dopo appena una settimana, riduce la colesterolemia del 5-10%. Siete stupiti o increduli? Si era nel lontano 1979 e l’esperimento su 54 volontari era condotto da G. Hepner. L’effetto era maggiore se al latte si sostituiva il normale yogurt con fermenti di L. bulgaricus e S. termophilus. Naturalmente seguendo le specifiche modalità e finalità dello studio (Am J Clin Nutr 32,19-24,1979).
Oggi notizie come questa sembrano incredibili, con tutte le falsità che si dicono sul latte solo perché alcuni – pochissimi – che non lo digeriscono bene lo vietano agli altri, i macrobiotici lo odiano per motivi filosofici, e i fondamentalisti fanatici non accettando la Storia* né l’origine antropologica del cibo, vera e propria invenzione dell’Uomo [v. articolo sulla trasmissione genetica dell’enzima lattasi, che è una conferma dell’uso del latte da parte della Natura], lo avversano con la scusa etica degli allevamenti intensivi. Ma non lo berrebbero neanche se provenisse da una capretta libera di vagare per prati in un allevamento naturale. E d’altra parte non si curano di altre, molto più gravi aggressività e violenze quotidiane. Ecco perché la “campagna” di disinformazione sul latte diffonde su opuscoli alternativi e articoli di internet i casi di intolleranze e i pochi studi negativi. Senza contare quei ricercatori epidemiologi che per inesperienza nutrizionistica mettono nel medesimo calderone statistico tutti i consumatori di “grassi animali”, condannando anche l’incolpevole latte allo stesso destino infernale di salumi, lardo, carni grasse, bacon fritto e burro cotto. Il che non è scientifico, perché il latte a differenza di questi contiene parecchi principi protettivi.
E infatti quei vecchi studi erano fondati, e sono stati poi confermati. Avevano visto giusto i ricercatori G.V. Mann e e A. Spoerri nel 1974 in un famoso studio sul popolo Masai, in Africa, a ipotizzare che un qualche “milk factor”, un imprecisato “fattore del latte”, potesse proteggerli dall’ipercolesterolemia, nonostante che la loro dieta fosse ricca di grassi saturi, probabilmente agendo sul metabolismo lipidico. Come è riportato nel mio Manuale di Terapie con gli Alimenti (p.171), i Masai consumavano allora, tra yogurt e latte fresco, circa 5 litri al giorno, eppure avevano meno colesterolo nel sangue degli Occidentali (Am J Clin Nutr 27,464-469,1974; Atherosclerosis 26,335,1977).
Ma perché il latte protegge? Per A. Endo, sarebbe non un grasso, ma lo zucchero del latte, il lattosio, ad abbassare il livello di colesterolo nel sangue. Una review di T. Richardson confermò che l’effetto anti-colesterolo su volontari americani e inglesi si aveva sia col latte intero, sia con quello scremato. E presero corpo anche altre ipotesi, da quella di una sostanza non proteica capace di inibire il coenzima CoA-reduttasi-HMG (idrossimetil-glutarato) che sintetizza il colesterolo endogeno, fino all’acido orotico contenuto nel latte dei ruminanti (73-122 mg/L nel latte vaccino, 34-46 mg/L nel suo yogurt, ma ce n’è di più nei latti di capra e di pecora), che aveva mostrato in vari studi di laboratorio un marcato effetto anti-colesterolo modificando il metabolismo dei grassi grazie all’inibizione nel fegato della sintesi delle b-lipoproteine. Gli italiani G. Biscarro e E. Bellone furono tra i primi a studiare questa sostanza. Oggi, però, di acido orotico tra i ricercatori non si parla più, forse perché l’industria farmaceutica lo ha isolato come integratore commercializzandolo abusivamente come “vitamina” B13, e in questa forma si è rivelato in laboratorio addirittura un promotore tumorale.
Eppure, alcuni dietologi, nutrizionisti e clinici specialistici ancora si ostinano a guardare al latte e ai suoi derivati con sospetto o addirittura con ostilità, per il rischio, ancora tutto da dimostrare, di un loro collegamento con malattie cardiovascolari e colesterolo alto dovuto ai suoi acidi grassi in parte saturi. Una contraddizione stridente con i tanti studi che provano le caratteristiche preventive del latte e dei latticini. Ed è bene che medici di base e cardiologi si aggiornino, tenendo conto delle scoperte scientifiche epidemiologiche o osservazionali, piuttosto numerose e quindi ormai inoppugnabili, che provano le proprietà protettive del latte.
Vista l’azione positiva sul metabolismo dei grassi, non meravigliamoci, perciò, se latte, yogurt e latticini mostrano in studi recenti anche una marcata attività anti-diabete. L’ennesima ricerca sul tema è stata pubblicata su Annals of internal medicine e sostiene che chi consuma prodotti lattiero-caseari ha molto meno probabilità di andare incontro al tipo 2 di diabete, quello più legato alle abitudini alimentari e all’età.
Secondo lo studio, eseguito su 3736 pazienti, chi segue una dieta con latte e latticini non solo ha livelli più bassi di colesterolo LDL, quello che provoca infiammazioni e ateromi, ma ha il 60% delle probabilità in meno di ammalarsi di diabete di tipo 2. Una percentuale altissima, eccezionale negli studi. Per realizzare questa ricerca, i ricercatori della Harvard School of Public Health di Boston (Usa) hanno preso in considerazione più di 3mila soggetti seguendoli per un periodo di 20 anni.
Quale sarebbe il principio attivo? Secondo il capo-ricerca G.S. Hotamisligil, le proprietà protettive di latte, yogurt e latticini sono dovute alla presenza nei loro grassi di acido trans-palmitoleico, un acido grasso tipico dei mammiferi ruminanti e perciò non presente nell'organismo umano.
"Anche se è una ricerca osservazionale  -  ha commentato Hotamisligil  -  rivela per la prima volta il collegamento fra l'acido trans-palmitoleico e il rischio di diabete, e dimostra che c'è una differenza quasi tripla di minor rischio di ammalarsi fra gli individui che hanno alti livelli di questo acido grasso nel sangue". 
E dire che i dietologi invitavano tutti a contenere il consumo di latte e derivati perché alcuni studi li avevano collegati all'aumento del rischio di malattie cardiache. "Il problema  -  dice il coordinatore dello studio  -  è che l'acido palmitoleico è presente quasi esclusivamente nei prodotti lattiero-caseari. Questi però spesso sono trattati industrialmente e vi si trovano anche i grassi saturi degli oli vegetali parzialmente idrogenati, che sono stati collegati a un più alto rischio di malattie cardiache".
Ma nelle sovrabbondanti e sbilanciate diete di oggi, “questi acidi cis-palmitoleici sono accompagnati da un'alta presenza di carboidrati e calorie”. E’ normale, infatti, che oggi – a differenza del passato, p.es. nella civiltà contadina – latte e latticini si aggiungono a pasti e a introiti giornalieri troppo ricchi e calorici. “Questo sembra limitare la loro normale funzione protettiva”, ipotizzano i ricercatori.

Però, resta il fatto che quello fornito da latte e latticini è “un effetto protettivo estremamente forte, maggiore di altri fattori conosciuti e utilizzati contro il diabete”. Perciò è lecito dedurne che “il passo successivo – dice Hotamisligil – sarà quello di studiare la possibilità di un suo utilizzo terapeutico nelle persone".

giovedì 28 aprile 2011

PELLE SECCA? PROVA QUESTO.....

Ogni dieta che sia davvero efficace ed equilibrata si stabilisce a partire dalla tua costituzione e dalle tue caratteristiche.
Non esistono diete valide per tutti!
Ci sono, infatti, alimenti che portano grandissimi benefici ad alcune persone e, al contrario, possono essere dannosi per altre.
Per questo, nel tuo percorso di crescita personale, è utile avere una conoscenza abbastanza approfondita del tuo corpo e, di conseguenza, dell’alimentazione più corretta e adatta a te.
Nel mio programma Energy Training svelo i segreti di un’alimentazione corretta, naturale e gustosa, e incoraggio sempre a fare delle prove su se stessi e a capire quali sono i rimedi più adatti alla propria costituzione e ai propri “problemi”.
A proposito di alimenti che possono essere molto utili per alcune costituzioni e “dannosi” per altre, oggi vorrei parlarti dell’aloe vera, una pianta conosciuta dalla maggior parte delle persone per il suo effetto lassativo.
Oltre a questo effetto (che la rende molto efficace per combattere la costipazione) la polvere che si ricava dalla pianta dell’aloe vera ha altre due caratteristiche: è amara e fredda.
Il succo o il gel ricavato da questa pianta inoltre rinvigorisce fegato, milza e il sistema riproduttivo femminile.
Diventa molto utile per combattere i sintomi di secchezza, quindi è molto indicato per chi è disidratato, ha la pelle molto secca o non riesce a riposare bene.
Possiamo prendere 1 o 2 cucchiai di gel 1-2 volte al giorno in una tazza d’acqua.
Oltre ad aiutare nelle patologie di secchezza, è anche utile contro i sintomi di calore eccessivo, ha virtù antivirali e immunostimolanti ed è un ottimo tonico per il fegato, quando questo è carente di yin perché non riceve abbastanza fluidi dai reni.
E’ un ottimo rimedio anche in menopausa. Ricca di germanio, fornisce molto ossigeno.
Va molto bene per curare le malattie della pelle, caratterizzate da rossore, secchezza e infezioni perché dona fluidi (non a caso puoi trovare anche molte creme idratanti a base di aloe vera).
Deve evitare l’aloe chi ha chiari sintomi di freddo e chi soffre l’umidità: ha mani e piedi freddi, digestione molto lenta, gonfiore, diarrea, debolezza, dolori alla bassa schiena.
Chi invece ha una costituzione molto calda (si arrabbia, suda, è iperattiva, ha il vocione grosso, tende ad arrossarsi facilmente), può avere grandi benefici dall’aloe, perché smorza i sintomi di calore.
Inizia sempre gradualmente per il dosaggio.
Ti auguro tutto il meglio,
Francesca Forcella Cillo

sabato 23 aprile 2011

Perché e come usare lo zenzero nei tuoi piatti.

ZenzeroLe spezie ci permettono di dare più gusto ai piatti, senza dover usare troppo sale. Arricchiscono la gamma dei sapori, permettendoci sempre di variare.
Ma hanno anche un’altra funzione importante: l’attivazione del metabolismo. Tutto diventa più digeribile quando è arricchito da un pizzico di spezie.
Nel mio programma Energy Training parlo spesso delle spezie, del loro uso e degli accostamenti migliori con gli alimenti, e metto in evidenza quanto siano preziose per una buona digestione.
Sapere come mangiare e cercare di instaurare abitudini sane è un passo importante per la tua crescita personale, perché ti permette di prenderti cura del tuo corpo e di avere una vita energica ed equilibrata (cosa di cui ognuno dovrebbe preoccuparsi).
Tornando alle spezie, come dico sempre, vanno usate in piccola quantità.
E quando parlo di spezie non mi riferisco tanto a pepe e peperoncino (quest’ultimo è troppo squilibrato per il nostro corpo e dovrebbe essere evitato o ridotto al minimo), ma anche a tutte le alternative che abbiamo.
Una di queste è lo zenzero. Puoi trovarlo sia fresco (puoi usarne il succo o grattugiare la parte tenera) sia secco in polvere (questo tipo di zenzero ha un maggiore effetto riscaldante, quindi va usato con più parsimonia).
Va molto bene con il pesce e con le proteine animali, perché aiuta a sciogliere i grassi saturi. Diventa indispensabile per rendere digeribili i legumi e puoi usarlo anche per saltare cereali e verdure.
In questo caso puoi metterlo nel piatto fresco e grattugiato oppure usare il succo. Lo zenzero può essere usato sia in cottura, sia fresco quando il piatto è già pronto.
Puoi anche preparare una salsina con acqua, shoyu e succo di zenzero, da usare per le fritture. Zenzero e qualche ravanello aiutano infatti a rendere più digeribili le fritture.
E’ molto indicato per chi ha una digestione lenta, gonfiore addominale, per sbloccare le vie respiratorie intasate dal muco e in caso di raffreddore.
Tutte le volte che ti senti raffreddato o hai molto muco a causa dell’eccessivo consumo per anni di derivati del latte, lo zenzero è una meravigliosa cura.
Lo zenzero è una spezia calda e un tantino piccante, per questo in generale non va usato quotidianamente da tutti.
Devi fare attenzione e usarlo con molta parsimonia soprattutto se hai sintomi spiccati di calore come insonnia, sudorazione eccessiva, mal di testa, bruciore di stomaco, dermatiti, problemi della pelle e rabbia.
E’ importante procurarsi sempre dello zenzero biologico, perché (proveniendo da paesi lontani) sulla buccia potrebbero accumularsi sostanze nocive dovute alla conservazione.
Inoltre, prima di usarlo lavalo sempre molto bene (per rimuovere tutte le tracce di terra) e poi spazzolalo energicamente.
Ti auguro tutto il meglio,
Francesca Forcella Cillo

martedì 19 aprile 2011

COME SI NUTRE LA MENTE?



Sapevi che anche la mente, come il nostro corpo, ha bisogno di nutrimento?
E a seconda del nutrimento che le diamo, i nostri pensieri saranno completamente diversi e, di conseguenza, i nostri rapporti con gli altri e la nostra stessa vita saranno diversi.
Ecco perché avere cura della mente anche da questo punto di vista contribuisce alla tua crescita personale.
Nel mio programma Energy Training offro un quadro completo degli alimenti, e non mi soffermo solo sugli effetti che hanno sul corpo, ma anche su come possono contribuire al benessere, alla forza e alla lucidità della nostra mente.
Ma quali sono gli alimenti più utili? I cibi più indicati per la mente? E quali invece dovremmo evitare?
Una delle prime cose che devi sapere è che la mente è più fresca e riposata se mangi alimenti semplici e facilmente digeribili (non mescoli zuccheri e proteine, non bevi alcolici e caffè e non abusi di zuccheri raffinati).
Questo vale come regola generale.
Poi ci sono alimenti particolari che vanno direttamente a nutrire la nostra mente e tra questi ci sono i cereali integrali in chicchi.
Sono l’alimento che più di tutti assicura una mente sempre fresca, stabile, piena di consapevolezza e memoria - senza i soliti alti e bassi di umore che ci contraddistinguono.
Quindi, che sia miglio, farro, amaranto, quinoa o riso, consuma ogni giorno un bel piatto di cereali in chicchi.
Per aumentare ancora di più questo potere dei cereali, puoi provare a condirli con gomasio (un mix di sale e sesamo tostato). Il gomasio è utile perché potenzia anche la memoria.
Ovviamente il cereale deve essere cotto con le spezie (curcuma, cumino e sale alle erbe) e consumato caldo. Puoi mettere il gomasio a fine cottura.
Un altro alimento molto importante per il nutrimento della tua mente è la zuppa.
Puoi preparare la zuppa come vuoi e con le verdure che preferisci.
Ad esempio è molto indicata una zuppa con piccoli pezzi di verdura, funghi (anche solo un pezzo) e alghe (wakame e/o nori). Come condimenti puoi usare del miso, brodo vegetale in polvere (senza lievito) e olio extravergine d’oliva.
La zuppa aiuta a digerire meglio tutti gli altri alimenti, per questo è così importante.
Il terzo elemento indispensabile per una mente fresca e sana sono le proteine: piccoli pezzetti di carne o pesce, tofu, uova e legumi (con le spezie) sono piatti proteici facilmente digeribili.
Anche il tè verde è molto importante perché dà lucidità. Ovviamente non esagerare con questa bevanda perché contiene teina e a lungo andare potrebbe renderti un po’ teso o nervoso.
Se hai bisogno di un effetto ancora maggiore - perché, ad esempio, sei in un periodo di particolare tensione mentale - puoi provare a supplementare con alcuni oligoelementi (facendo sempre dei cicli per brevi periodi).
Molto utili sono manganese, fosforo e magnesio - che puoi assumere al mattino, a digiuno.
Ti auguro tutto il meglio,
Francesca Forcella Cillo

giovedì 14 aprile 2011

Come preparare un porridge per una colazione ricca di energia.

PorridgeHai mai provato a preparare un gustoso porridge di cereali per la tua colazione, o sei legato alla solita colazione dal forte sapore zuccheroso?
Come dico spesso nel mio programma Energy Training, nessuno dovrebbe fermarsi al primo tentativo e fare sempre la stessa colazione, per abitudine.
Infatti per la tua crescita personale non è utile “attaccarti” a un’abitudine (soprattutto se a lungo andare può rivelarsi controproducente).
Ci sono diversi tipi di colazione da provare e oggi ti parlo di uno di questi: il porridge.
Si tratta di un budino di fiocchi di cereali dal sapore quasi neutro, che soddisfa quindi sia il desiderio di una colazione salata, sia di una dolce.
I fiocchi che puoi usare per il porridge e che si vendono nei negozi di alimenti naturali vengono pressati a vapore e poi vengono messi nelle buste senza conservanti. Proprio per questi motivi su questi fiocchi potrebbero esserci delle muffe.
Ma non serve lavarli per eliminare la muffa (che non va via con l’acqua). L’importante è sottoporli a calore - e quindi tostarli facendo una granola o cuocerli preparando un porridge.
Se li lavi, infatti, non solo non risolvi il problema della muffa, ma perdi anche l’amido.
Quando prepari un porridge, invece, l’acqua di ammollo non va persa, e quindi non perdi nemmeno i nutrienti.
In breve il porridge è un budino di cereali che si può preparare a partire da qualunque tipo di fiocco. I cereali vanno coperti d’acqua (un dito sopra i fiocchi) e il porridge va messo a riposo la sera per tutta la notte. Al mattino devi farlo bollire con un pizzico di sale.
Basta cuocere questa preparazione pochi minuti, dopo averla condita con spezie - curcuma, anice, coriandolo in polvere - che puoi mettere sia in un porridge dolce che salato.
Puoi aggiungere un po’ di malto, un cucchiaino di tahin, crema di mandorle o di ghi per una preparazione più dolce e gustosa.
Se vuoi fare un porridge leggermente salato, invece, usa le stesse spezie ma con umeboshi o shoyu. Potresti anche usare per salarlo una piccola quantità di miso.
Puoi unire, poi, a questa base della frutta secca da cuocere con i fiocchi (uvetta, prugne, albicocche, datteri) e/o dei semi oleosi.
Invece di mescolare troppi semi diversi tutti insieme, prova ad alternarli durante la settimana (mandorle, pistacchi, nocciole, noci), in modo da avere ogni giorno combinazioni differenti di fiocchi, semi e frutta secca.
Questa è una colazione molto nutriente, adatta a chi lavora in ufficio o deve fare molta attività intellettuale e ha bisogno di mantenere un buon tono energetico.
Il suo sapore al limite tra salato e dolce è un buon rimedio per chi deve disintossicarsi da un abuso di colazione troppo dolce.
Essendo anche molto digeribile è un ottimo rimedio per tutti coloro che devono rinforzare la digestione (soffrendo di digestione lenta e difficoltosa), tonificare l’intestino (perché è pigro o troppo “allegro”) o soffrono di freddo e stanchezza.
Ti auguro tutto il meglio,

sabato 9 aprile 2011

LA CARNE FA INGRASSARE


Il consumo di carne fa ingrassare | 27/02/2011
Lo ha mostrato il recente studio dell'Imperial College di Londra.
Il consumo di carne può essere collegata all'aumento del peso corporeo a causa del suo alto tenore di calorie e grassi. Già alcuni studi epimediologici del passato avevano osservato che il consumo di carne era direttamente associato all'aumento del peso, mentre gli studi sperimentali avevano mostrato risultati non conclusivi.
L'obiettivo dei ricercatori (Dr Vergnaud AC, Norat T. Romaguera D., Mouw T., May AM, Travier N.) è stato quello di valutare l'associazione tra il consumo di qualsiasi tipo di carne - rossa, pollame, lavorata - e l'aumento del peso totale nei successivi 5 anni.
Lo studio è stato svolto su una vasta popolazione: hanno partecipato tra 1992 e il 2000 un totale di 103.455 uomini e 270.348 donne tra i 27 e i 70 anni provenienti da dieci diversi stati europei. Il progetto è stato denominato "Indagine prospettica europea sul cancro e la nutrizione, l'attività fisica, l'alcool, l'eliminazione del fumo, il mangiare fuori casa e l'obesità" (EPIC-PANACEA).
Nel corso degli anni è stata valutata la quantità di calorie assunte dalla carne e il cambiamento di peso annuale, tenendo conto nel modello dei prossibili fattori confondenti come età, sesso, calori totali assunte, attività fisica, modelli dietetici e altro.
Il risultato dello studio ha evidenziato come il consumo totale di carne era associato in modo positivo con l'aumento di peso, vale a dire, a maggiori consumi di carne si verificava un maggiore aumento di peseo, sia negli uomini che nelle donne, in persone normopeso o sovrappesso, in fumatori e non fumatori. Un aumento del consumo di carne di 250 al giorno (equivalente a una bistecca) porta a un aumento di peso medio di 2 kg dopo 5 anni. Questo vale per qualsiasi genere di carne: carne rossa (di bovino o suino), pollame, carne lavorata (come insaccati).
Gli autori dello studio concludono affermando che i loro risultati suggeriscono che una diminuzione del consumo di carne può migliorare la gestione del peso corporeo e dichiarando che "I nostri risultati sono peraltro a favore della raccomandazione, per la salute pubblica, di diminuire il consumo di carne per migliorare la propria salute".
Conducendo questo discorso al caso specifico italiano va notato che già nel 2005 il Ministero della Salute, denunciava una spesa pubblica di 23 miliardi di euro l'anno quali costi diretti sulla spesa sanitaria per le cure mediche di persone sovrappesso oppure obese. Il grasso in eccesso causa gravi patologie cardiovascolari, metaboliche, osteoarticolari, tumorali e respiratorie "compartando una ridotta aspettativa di vita ed un notevole aggravio per il Sistema Sanitario Nazionale" (Ministero della Salute, Piano Sanitario Nazionale 2003 - 2005).
Oltre alla sempre consigliata attività fisica (partendo da una passeggiata giornaliera di almeno una mezz'ora a passo spedito, fino a sedute periodiche sportive più impegnative) la regola d'oro per mantenere o raggiungere un peso corporeo corretto è quella di prediligire il cibo vegetale il più vicino possibile a quello "come colto" (non lavorato industrialmente, senza aggiunta di zucchero, condimenti, grassi e sali). Si tratta infatti di cibi ricchi di fibre: cereali integrali, verdure, legumi e frutta, che saziano molto fornendo poche calorie e sono ricchissimi di sostanze nutritive benefiche.
L'alimentazione a base vegetale si dimostra dunque ancora una volta quella più confacente al nostro organismo e protettiva per la nostra salute.

giovedì 7 aprile 2011

MINOR RISCHIO DI TROMBOSI NEI VEGANI E VEGETARIANI


 
Una recente rassegna sui meccanismi biochimici di alcuni nutrienti delle diete vegetariane e la loro implicazione clinica ("Chemistry behind Vegetarianism", Li, J. Agric. Food Chem. 2011) ha rappresentato nelle ultime settimane l'estasi per tutti i carnivori, a causa di una campagna di stampa basata sulla più assoluta incomprensione della pubblicazione originale.
Va innanzitutto precisato che la differenza tra "rassegna" e "studio" è che la prima si limita a riassumere e analizzare i dati di vari studi e li mette in relazione con conoscenze disponibili, senza alcun contributo originale proprio degli autori ai risultati stessi. E' quindi accaduto che una lettura poco attenta od una successione di errori di traduzione abbiano portato a divulgare i contenuti di questa rassegna in modo totalmente erroneo, e in contrasto con i reali dati che derivano dagli studi sulle malattie cardiovascolari nei vegetariani.
Secondo quanto riportato dai mass-media italiani, addirittura la dieta vegana sarebbe molto più pericolosa per il cuore in quanto produrrebbe un pericoloso indurimento delle arterie, e altre fantasiose sadiche conseguenze.
Quello che la rassegna riporta, invece, è l'esatto contrario: l'Autore infatti spiega che gli onnivori presentano un insieme di fattori di rischio cardiovascolare significativamente superiore rispetto ai vegetariani e vegani, quali maggiori valori di BMI, rapporto circonferenza vita/fianchi, pressione arteriosa, colesterolo totale, LDL e trigliceridi plasmatici, Lp(a), attività del fattore VII della coagulazione, rapporto colesterolo totale/colesterolo-HDL, rapporto colesterolo LDL/colesterolo HDL, rapporto Acidi grassi totali/colesterolo HDL, e livelli di ferritina.
Ribadendo che i carnivori presentano un insieme di fattori di rischio di trombosi ed aterosclerosi superiore a quello dei vegetariani, l'Autore sottolinea come i vegetariani (compresi anche vegetariani appartenenti a Paesi emergenti, la cui dieta è sensibilmente differente da quella dei vegetariani dei Paesi occidentali a cui noi apparteniamo) possano diminuire ancora di più il loro già basso rischio di trombosi ed aterosclerosi aumentando le assunzioni di vitamina B12 e di acidi grassi omega-3 (questi ultimi provenienti da fonti vegetali come noci e semi di lino).
Questi i reali contenuti di un articolo che si limita a discutere, in chiave puramente teorica, alcuni aspetti metabolici dell'organismo umano.
Dichiara la dottoressa Luciana Baroni, medico nutrizionista e presidente della Società Scientifica di nutrizione vegetariana-SSNV: "Se davvero lo stolto guarda il dito quando il saggio indica la luna, trasmettere a un'opinione pubblica prevalentemente carnivora la notizia 'securizzante' (secondo la logica della mors tua, vita mea) che il cuore dei vegani è a rischio, e non urlare pubblicamente contro la strage che l'alimentazione a base di carne provoca, è azione non solo stolta, ma che mi permetto di definire un crimine nei confronti dell'umanità."
L'evidenza che proviene dagli studi scientifici effettivi condotti sulla popolazione è quella di una sensibile riduzione del rischio di morte per malattie cardiovascolari nei vegetariani. I vegetariani sarebbero protetti nei confronti di queste malattie in virtù degli effetti favorevoli della dieta sullo sviluppo di altre malattie che sono anche fattori di rischio cardiovascolare (diabete, ipertensione, sovrappeso-obesità, ipercolesterolemia), e in virtù delle caratteristiche della dieta vegetariana stessa, in grado di apportare maggiori quantità di frutta, verdura, frutta secca, soia, fibre, antiossidanti, steroli, e minori quantità di grassi totali, saturi, sale.
Le linee guida per l'alimentazione vegetariana prodotte per la prima volta in negli USA nel 1997 hanno da subito inserito nelle raccomandazioni il rispetto delle assunzioni di omega-3 da fonte vegetale e di una fonte regolare di vitamina B12. Tutti i vegetariani dei Paesi occidentali sono informati di questo, e in molti rispettano questi consigli, che consentono di diminuire ulteriormente il loro già basso rischio cardiovascolare attraverso l'assunzione di noci, olio e semi di lino e altre fonti vegetali di omega-3, e l'assunzione di cibi fortificati o integratori di vitamina B12 di sintesi batterica.
Secondo l'European Heart Network, nel 2008 le malattie cardiovascolari hanno rappresentato la prima causa di morte nella regione Europea OMS, dove ogni anno sono responsabili della morte di oltre 4,3 milioni di individui, pari al 48% di tutti i decessi (54% per le donne, 43% per gli uomini).
Conclude la dottoressa Baroni: "Sappiamo che il ruolo della dieta è importante, che la dieta può uccidere. Ma l'imputato non è la dieta vegetariana o vegana, bensì la dieta onnivora, che i cibi animali contribuiscono pesantemente a rendere un killer spietato."

martedì 5 aprile 2011

GLI INTEGRATORI

 Sono dannosi. E ora che faranno erboristi, naturopati, e veg?

Chi di voi non ha mai preso di tanto in tanto, in inverno, una compressa di vit. C, sostanza che – ho visto in molti studi – non riesce a prevenire neanche la più leggera infreddatura, una gelée di beta-carotene (o, molto peggio, di ancor più tossico retinolo), o la vitamina D ("per le ossa"), o il complesso antiossidante "ACE più selenio", in cui le tre vitamine-star si accompagnano al più rischioso dei minerali "antiossidanti"? Oggi te le tirano dietro perfino dagli scaffali dei supermercati discount, dove ormai è difficile trovare aranciate e bibite senza vitamine aggiunte. Questa moda non ha niente a che fare con l’alimentazione naturale, anzi è il suo opposto: è una stupida e pericolosa farmacomania.
Perché, appunto, si tratta di farmaci, anche quando la vitamina è definita "naturale", estratta da piante o frutta, e non di "supplementi alimentari", secondo un trucco che evita ai produttori farmaceutici di provarne l’innocuità con lunghi e costosi test. Per di più, queste vitamine, questi integratori isolati, sono poco provati scientificamente sull’uomo, nonostante il loro uso spontaneo diffuso ovunque (negli Stati Uniti la vit.C si compra in drogheria a etti, seguendo le eccentriche manie di quell’originale di Pauling.
"Naturali"? Macché. "Naturale" non si riferisce solo all'origine, come credono tutti ingenuamente e come lasciano credere i produttori furbi. Che siano prodotti per sintesi o estratti "naturali" dagli aghi di pino o dall’acerola, dall’erba dei prati o dai semi, gli integratori sono isolati dalle altre sostanze naturali presenti nei vegetali, e perciò non sono più inseriti nei complessi sinergismi tra le centinaia di molecole chimiche. Ecco come possono turbare, proprio perché isolati, un equilibrio delicato del nostro organismo. E infatti si è sempre saputo da almeno 15 anni che aumentano i rischi. Lo ha provato e straprovato la scienza, e ora anche una nuova meta-analisi (ripresa dal Corriere del 16 aprile 2008, che vi propongo più avanti) che riesamina ex-novo 67 studi scientifici già noti, tutti controllati cioè correttamente condotti, con migliaia di soggetti, per provare che con gli integratori vitaminici – e lo stesso, se non peggio, è con altri integratori – i rischi di malattia e di decesso aumentano, non diminuiscono.
Per noi naturisti, che seguiamo l’alimentazione naturale e le medicine naturali, è l’ennesima vittoria. Insieme alla scienza sperimentale. Dopotutto noi e loro deriviamo da un unico antenato comune: Ippocrate.
.Non è naturale isolare una sostanza tra le 500 o 5000 presenti in un alimento, facendo a meno dei complessi sinergismi tra sostanze naturali (in molti casi ancora da scoprire) che bilanciano, potenziano, modulano le azioni farmacologiche di una data sostanza naturale, e propinarla da sola, cioè "pura", a noi stessi o ai pazienti. Che poi è quello che si fa coi farmaci, anche queste sostanze isolate, pure. Invece, è naturale l’alimentazione nel suo complesso, è naturale un solo alimento purché intero, completo, cioè integrale, sono naturali l’acqua, la luce, il sole, le terre, le piante officinali (anche queste, solo se intere, fresche o ben conservate, o estratti o tinture ottenuti dall’intera pianta).
.
Mi rendo conto che questo restringe moltissimo il campo del business, insomma gli affari del campo pseudo-naturista, ma tant’è, è la realtà scientifica. Che va d’accordo con la Tradizione. Quindi, che volete di più? O siamo diventati tutti artificialmente dediti ai farmaci innaturali? Ma allora, tanto vale affidarsi ai super-farmaci potenti, che almeno per legge devono essere provati e riprovati (e con tutto ciò, siamo noi a fare le vere cavie…). Vogliamo aggiungere nuovi farmaci a quelli già troppo numerosi della farmacia?
Mi dispiace per farmacisti, istruttori di palestre, naturopati, erboristi, riviste che vivono con la pubblicità delle ditte del "finto Naturale", e pure per qualche medico, che basano gran parte dei loro interventi (e guadagni) sugli integratori, sulle vitamine isolate, sugli antiossidanti, sugli estratti dalla dubbia efficacia. Quelle compresse, polveri, gelée, pillole, capsule, quegli opercoli, estratti, granuli, non solo probabilmente non servono a niente, ma possono aumentare i rischi.
Primo perché non si tratta di alimentazione, ma di una vera e propria cura farmacologica, con tutti i rischi tossicologici di una nuova sostanza che viene a turbare un equilibrio chimico e metabolico esistente (Michele Carrubba, docente farmacologia, intervistato da Luigi Ripamonti sul Corriere della Sera online). E poi perché il ricorso alla presunta "àncora di salvezza" della compressa consente ai tantissimi che si alimentano male e conducono vita sedentaria (che già di per sé è ad alto rischio) di continuare a farlo con l’errata convinzione di "aver fatto tutto il possibile", di "curarsi", di "essere finalmente a posto" (Andrea Ghiselli, nutrizionista Inran, ibidem).
.Metanalisi dell'Università di Copenaghen
INTEGRATORI VITAMICICI "A RISCHIO"
Secondo l'analisi di studi pubblicati negli anni passati potrebbero aumentare la mortalità
.Le pillole a base di integratori vitaminici potrebbero aumentare il rischio di mortalità, accorciando di fatto la vita di chi li assume. L'allarme viene da uno studio della Copenaghen University, pubblicato su "The Cochrane Collaboration". Gli scienziati, riesaminando 67 studi clinici randomizzati sulle pillole vitaminiche, hanno appurato che non c'è "nessuna prova convincente" che gli integratori facciano bene alla salute, mentre ve ne sarebbero sulla loro dannosità.
La metanalisi, cioè l'analisi di studi già pubblicait, ha preso in considerazione ricerche cha hanno coinvolto 232 mila partecipanti, confrontando chi ha assunto integratori con chi ha preso solo un placebo o non ha avuto nessun trattamento. Gli integratori analizzati sono stati il beta-carotene (un precursore della vitamina A, che è convertito in vitamina nel corpo), la vitamina, la C, la E e il selenio.
"Non abbiamo trovato alcuna prova - sottolinea Goran Bjelakovich, il ricercatore che ha guidato la ricerca presso l'Università di Copenaghen - che prendendo integratori antiossidanti si riduce il rischio di morte precoce per persone sane o malate". Anzi, "i risultati mostrano che i soggetti a cui sono state somministrate beta-carotene, vitamina A e vitamina E hanno mostrato un aumento dei tassi di mortalità". Mentre "non vi è stata alcuna indicazione del fatto che la vitamina C e il selenio possano avere effetti positivi o negativi, abbiamo bisogno di più dati". Prese separatamente, alla vitamina A è stato associato un 16 per cento di aumento della mortalità, al beta-carotene, un 7 per cento e alla vitamina E un 4 per cento. In sostanza, riassume Bjelakovich, "le attuali evidenze scientifiche sconsigliano l'uso di integratori nella popolazione sana". Antiossidanti dannosi, dunque, ma sul perchè i ricercatori non si sbilanciano: probabilmente "il loro uso eccessivo può alterare i processi fisiologici".
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Ed ora due studi scelti casualmente tra migliaia, entrambi pubblicati dalla più importante rivista scientifica di nutrizione clinica al mondo, che illustrano chiaramente la differenza abissale in efficacia tra alimenti completi e integratori:
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VERDURE E FRUTTA HANNO EFFETTI BENEFICI NON PER I SINGOLI ANTIOSSIDANTI, FOSSE PURE LA VIT.C NATURALE, MA PER LA COMBINAZIONE SINERGICA DEI VARI PRINCIPI ATTIVI. IL CASO DELLA MELA E DELLA VIT. C.
Health benefits of fruit and vegetables are from additive and synergistic combinations of phytochemicals.
Rui Hai Liu
Department of Food Science and the Institute of Comparative and Environmental Toxicology, Cornell University, Ithaca, NY.
American Journal of Clinical Nutrition, Vol. 78, No. 3, 517S-520S, September 2003
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ABSTRACT. Regular consumption of fruit and vegetables is associated with reduced risks of cancer, cardiovascular disease, stroke, Alzheimer disease, cataracts, and some of the functional declines associated with aging. Prevention is a more effective strategy than is treatment of chronic diseases. The key question is whether a purified phytochemical has the same health benefit as does the whole food or mixture of foods in which the phytochemical is present. Our group found, for example, that the vitamin C in apples with skin accounts for only 0.4% of the total antioxidant activity, suggesting that most of the antioxidant activity of fruit and vegetables may come from phenolics and flavonoids in apples. We propose that the additive and synergistic effects of phytochemicals in fruit and vegetables are responsible for their potent antioxidant and anticancer activities, and that the benefit of a diet rich in fruit and vegetables is attributed to the complex mixture of phytochemicals present in whole foods.
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I VEGETALI AL NATURALE RIDUCONO IL RISCHIO CANCRO, MA NON GLI INTEGRATORI DI VIT.C ED E

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