Blog Vegetariano

sabato 30 aprile 2011

Latte, yogurt e latticini: potenti anti-diabete e anti-colesterolo


yogurt e frutta di bosco Un supplemento alla normale dieta quotidiana di 3 tazze da 240 ml di latte o yogurt, dopo appena una settimana, riduce la colesterolemia del 5-10%. Siete stupiti o increduli? Si era nel lontano 1979 e l’esperimento su 54 volontari era condotto da G. Hepner. L’effetto era maggiore se al latte si sostituiva il normale yogurt con fermenti di L. bulgaricus e S. termophilus. Naturalmente seguendo le specifiche modalità e finalità dello studio (Am J Clin Nutr 32,19-24,1979).
Oggi notizie come questa sembrano incredibili, con tutte le falsità che si dicono sul latte solo perché alcuni – pochissimi – che non lo digeriscono bene lo vietano agli altri, i macrobiotici lo odiano per motivi filosofici, e i fondamentalisti fanatici non accettando la Storia* né l’origine antropologica del cibo, vera e propria invenzione dell’Uomo [v. articolo sulla trasmissione genetica dell’enzima lattasi, che è una conferma dell’uso del latte da parte della Natura], lo avversano con la scusa etica degli allevamenti intensivi. Ma non lo berrebbero neanche se provenisse da una capretta libera di vagare per prati in un allevamento naturale. E d’altra parte non si curano di altre, molto più gravi aggressività e violenze quotidiane. Ecco perché la “campagna” di disinformazione sul latte diffonde su opuscoli alternativi e articoli di internet i casi di intolleranze e i pochi studi negativi. Senza contare quei ricercatori epidemiologi che per inesperienza nutrizionistica mettono nel medesimo calderone statistico tutti i consumatori di “grassi animali”, condannando anche l’incolpevole latte allo stesso destino infernale di salumi, lardo, carni grasse, bacon fritto e burro cotto. Il che non è scientifico, perché il latte a differenza di questi contiene parecchi principi protettivi.
E infatti quei vecchi studi erano fondati, e sono stati poi confermati. Avevano visto giusto i ricercatori G.V. Mann e e A. Spoerri nel 1974 in un famoso studio sul popolo Masai, in Africa, a ipotizzare che un qualche “milk factor”, un imprecisato “fattore del latte”, potesse proteggerli dall’ipercolesterolemia, nonostante che la loro dieta fosse ricca di grassi saturi, probabilmente agendo sul metabolismo lipidico. Come è riportato nel mio Manuale di Terapie con gli Alimenti (p.171), i Masai consumavano allora, tra yogurt e latte fresco, circa 5 litri al giorno, eppure avevano meno colesterolo nel sangue degli Occidentali (Am J Clin Nutr 27,464-469,1974; Atherosclerosis 26,335,1977).
Ma perché il latte protegge? Per A. Endo, sarebbe non un grasso, ma lo zucchero del latte, il lattosio, ad abbassare il livello di colesterolo nel sangue. Una review di T. Richardson confermò che l’effetto anti-colesterolo su volontari americani e inglesi si aveva sia col latte intero, sia con quello scremato. E presero corpo anche altre ipotesi, da quella di una sostanza non proteica capace di inibire il coenzima CoA-reduttasi-HMG (idrossimetil-glutarato) che sintetizza il colesterolo endogeno, fino all’acido orotico contenuto nel latte dei ruminanti (73-122 mg/L nel latte vaccino, 34-46 mg/L nel suo yogurt, ma ce n’è di più nei latti di capra e di pecora), che aveva mostrato in vari studi di laboratorio un marcato effetto anti-colesterolo modificando il metabolismo dei grassi grazie all’inibizione nel fegato della sintesi delle b-lipoproteine. Gli italiani G. Biscarro e E. Bellone furono tra i primi a studiare questa sostanza. Oggi, però, di acido orotico tra i ricercatori non si parla più, forse perché l’industria farmaceutica lo ha isolato come integratore commercializzandolo abusivamente come “vitamina” B13, e in questa forma si è rivelato in laboratorio addirittura un promotore tumorale.
Eppure, alcuni dietologi, nutrizionisti e clinici specialistici ancora si ostinano a guardare al latte e ai suoi derivati con sospetto o addirittura con ostilità, per il rischio, ancora tutto da dimostrare, di un loro collegamento con malattie cardiovascolari e colesterolo alto dovuto ai suoi acidi grassi in parte saturi. Una contraddizione stridente con i tanti studi che provano le caratteristiche preventive del latte e dei latticini. Ed è bene che medici di base e cardiologi si aggiornino, tenendo conto delle scoperte scientifiche epidemiologiche o osservazionali, piuttosto numerose e quindi ormai inoppugnabili, che provano le proprietà protettive del latte.
Vista l’azione positiva sul metabolismo dei grassi, non meravigliamoci, perciò, se latte, yogurt e latticini mostrano in studi recenti anche una marcata attività anti-diabete. L’ennesima ricerca sul tema è stata pubblicata su Annals of internal medicine e sostiene che chi consuma prodotti lattiero-caseari ha molto meno probabilità di andare incontro al tipo 2 di diabete, quello più legato alle abitudini alimentari e all’età.
Secondo lo studio, eseguito su 3736 pazienti, chi segue una dieta con latte e latticini non solo ha livelli più bassi di colesterolo LDL, quello che provoca infiammazioni e ateromi, ma ha il 60% delle probabilità in meno di ammalarsi di diabete di tipo 2. Una percentuale altissima, eccezionale negli studi. Per realizzare questa ricerca, i ricercatori della Harvard School of Public Health di Boston (Usa) hanno preso in considerazione più di 3mila soggetti seguendoli per un periodo di 20 anni.
Quale sarebbe il principio attivo? Secondo il capo-ricerca G.S. Hotamisligil, le proprietà protettive di latte, yogurt e latticini sono dovute alla presenza nei loro grassi di acido trans-palmitoleico, un acido grasso tipico dei mammiferi ruminanti e perciò non presente nell'organismo umano.
"Anche se è una ricerca osservazionale  -  ha commentato Hotamisligil  -  rivela per la prima volta il collegamento fra l'acido trans-palmitoleico e il rischio di diabete, e dimostra che c'è una differenza quasi tripla di minor rischio di ammalarsi fra gli individui che hanno alti livelli di questo acido grasso nel sangue". 
E dire che i dietologi invitavano tutti a contenere il consumo di latte e derivati perché alcuni studi li avevano collegati all'aumento del rischio di malattie cardiache. "Il problema  -  dice il coordinatore dello studio  -  è che l'acido palmitoleico è presente quasi esclusivamente nei prodotti lattiero-caseari. Questi però spesso sono trattati industrialmente e vi si trovano anche i grassi saturi degli oli vegetali parzialmente idrogenati, che sono stati collegati a un più alto rischio di malattie cardiache".
Ma nelle sovrabbondanti e sbilanciate diete di oggi, “questi acidi cis-palmitoleici sono accompagnati da un'alta presenza di carboidrati e calorie”. E’ normale, infatti, che oggi – a differenza del passato, p.es. nella civiltà contadina – latte e latticini si aggiungono a pasti e a introiti giornalieri troppo ricchi e calorici. “Questo sembra limitare la loro normale funzione protettiva”, ipotizzano i ricercatori.

Però, resta il fatto che quello fornito da latte e latticini è “un effetto protettivo estremamente forte, maggiore di altri fattori conosciuti e utilizzati contro il diabete”. Perciò è lecito dedurne che “il passo successivo – dice Hotamisligil – sarà quello di studiare la possibilità di un suo utilizzo terapeutico nelle persone".

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